LECTIO DOMENICA DI PASQUA - PARROCCHIATRASFIGURAZIONE

Vai ai contenuti

Menu principale:

LECTIO DOMENICA DI PASQUA

SPAZIO ALLA PAROLA

LECTIO DIVINA  Gv. 20,1-9.
DOMENICA DI PASQUA ANNO "A"


Siamo al primo giorno della settimana e dalla crocifissione e morte di Gesù sono passati tre giorni.
 Riflettiamo sull’espressione "primo giorno della settimana". Lo stesso evangelista nell’Apocalisse lo definisce "giorno del Signore". Nel libro delle Genesi corrisponde al primo giorno della creazione in cui Dio con la sua parola crea la "luce" "Dio disse: Sia la luce. E la luce fu." Dio, nel primo giorno della settimana originaria ha creato la luce e, dopo la morte di Gesù, Dio Padre ha fatto dono della risurrezione a sua Figlio realizzando quanto annunciato dal profeta Isaia nel secondo Canto del Servo di Jhaweh (49,5-6) "E’’ tropppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremintà della terra" . Nella risurrezione l’uomo è stato raggiunto dalla Vera Luce definitiva che illumina le sue vie.
 Nel primo giorno della settimana Maria di Magdala, di buon mattino, quando ancora era buio, si reca alla tomba dov’era stato posto Gesù, per portare profumi come era consuetudine. Certamente  non è da sola ma è accompagnata dalle altre donne  che erano sotto la croce. Tutti, discepoli e donne, hanno lasciato passare la festa di Pasqua che hanno vissuto con molta tristezza. Insieme alla Pasqua sono andate in fumo anche le loro speranze. In quella tomba, oltre al corpo del Maestro, sono sepolte proprio quelle speranze che avevano dato vita ad una sequela che aveva fatto lasciare ogni da fare per seguire il Signore.
Maria trova la tomba aperta: la pietra è stata rotolata da una parte. La tomba è vuota!
Maria sprofonda nell’angoscia e pensa che il corpo del Maestro sia stato trafugato. A tale visione Maria fugge e corre dal gruppo dei discepoli. Va da Pietro e Giovanni e annuncia loro "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!" Tutti e due i discepoli corrono verso il sepolcro, ma Giovanni arriva prima e non entra nel sepolcro. Giovanni si limita a vedere i teli posati per terra rendendosi conto della mancanza del corpo di Gesù. Giunge anche Pietro e entra immediatamente.  Osserva anche lui i teli posti per terra, mentre il sudario, ben piegato, in altra posizione. Quest’ordine delle cose non fa pensare ad un trafugamento del corpo.
 Pietro nella sua visione rimane esterefatto ma non riesce ad intuire qualcosa di importante. Non basta conoscere o vedere la concretezza dei fatti per poter accedere all’intelligenza della fede. Per descrivere la reazione di Giovanni a quella visione il vangelo usa due verbi per indicare il percorso fatto nell’essere discepolo di Gesù: "Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette."
Vedere è constatare i fatti così come sono. Credere è un’azione che parte da lontano. E’ il verbo della fede. L’evangelista definisce se stesso "il discepolo, che Gesù amava". L’amato è colui che realmente ha vissuto intimamente e profondamente il suo rapporto con Gesù. Giovanni è stato travolo dalla vita spirituale di Gesù fin dall’inizio quando passò dall’essere discepolo del Battista all’andare dietro a Gesù "Maestro, dove abiti?" e Gesù risponde "Venite e vedrete". Dopo questa esperienza è alla sequela di Gesù e ha coinvolto anche altri. L’essere coinvolto, l’amare è proprio quanto Gesù chiede. A noi è chiesto di rispondere con genrosità facendo il salto di qualità nella nostra vita spirituale. La luce esplode nella vita del discepolo prediletto che non ha mai dubitato della Parola del Maestro. Fin dal primo momento Giovanni ha creduto che Gesù fosse il Figlio di Dio e gli ha dato fiducia e credito.
 Pietro, invece, porta dentro di sè ancora il disagio di tanti momenti di relazioni sbagliate con Gesù, soprattutto l’ultimo, quello del rinnegamento. Deve ricostruirsi superando la sua fragilità e abbandonandosi di più alla Parola del Maestro, come conclude, anche il brano evenagelico "Non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè Egli doveva risorgere dai morti". GESU’ E’ IL RISORTO.
 La risurrezione non è vedere l’avvenimento nel suo svolgersi, ma è fare esperienza di Cristo Risorto. E’ avere la certezza della fede, fondata sulla Parola di Dio, che il Cristo, maestro di Nazaret, uomo come noi, vive ormai di una corporeità non più caduca, sottoposta alle leggi inflessibili della materialità, ma un corpo glorificato e non evanescente. Nell’esperienza di Risorto, Gesù stesso rassicura i suoi discepoli che non è un fantasma. Egli mangia con i discepoli e li raggiunge anche in luoghi chiusi superando le leggi della fisica e donando il frutto della Pasqua, la pace.
 La risurrezioone non è un mito nè una leggenda. E’ avvenimento reale. E’ storia. Non ci sono spoglie mortali per avere solo un pallido ricordo. Cristo risorto è vivo ed è salito al cielo. Fondamento della risurrezione è la Parola che Lui ci ha lasciato. Parola che genera nella fede attraverso lo Spirito Santo, che è soffio di vita su noi mortali.
Dobbiamo chiederci, in tempo di coronavirus, "Dove sono oggi le tombe di Dio?
Dio è morto e seppelito. Lo abbiamo afferrato, lo abbiamo ricondotto nei nostri angusti spazi intellettuali pensando che non abbiamo più bisogno di Lui e lo abbiamo fatto morire e lo abbiamo chiuso in un sepolcro.
 Era necessaio un evento fuori della portata dell’uomo per constatare che senza di Lui non possiamo sconfiggere il Male con "M" maiuscola. Abbiamo bisogno di rimetterci sulla strada di Emmaus per riassaporare il gusto dell’amicizia e della scoperta della sua divinità che continua a parlarci con la sua Parola e a nutrirci con la sua presenza eucaristica.
 Così potremo ancora uscire e annunciare all’uomo del nostro tempo che Cristo è Risorto e vive in mezzo a noi.


 
Torna ai contenuti | Torna al menu