LECTIO DIVINA IV DI QUARESIMA - PARROCCHIATRASFIGURAZIONE

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LECTIO DIVINA IV DI QUARESIMA

SPAZIO ALLA PAROLA

LECTIO DIVINA IV DOMENICA DI QUARESIMA  "A"

PREMESSA: bisogna fare una chiarificazione per quanto riguarda la problematica che  Giovanni mette tra i primi cinque capitoli e i seguenti del  suo Vangelo con i termini "segni" e "opere". Alla fine del brano della nozze di Cana, dove sono presenti la mamma Maria, il figlio Gesù con i suoi discepoli, l’evangelista dice che "Gesù fece questo inizio dei segni".
Che cosa sono i segni nel Vangelo di Giovanni?
I segni sono un elemento essenziale del Vangelo in quanto vogliono essere prove dimostrative della messianicità di Gesù. Quando Gesù si trovò nel tempio di Gerusalemme, ribaltò le bancarelle dei venditori degli animali per i sacrifici, dice "Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato". Sono proprio i Giudei a chiedere dei segni "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". Ancora, Nicodemo nell’incontro con Gesù afferma "Rabbì sappiamo che sei un Maestro venuto da Dio, nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui".
 Il "segno" è un mezzo di rivelazione rivolto a tutti quelli che vogliono credere. Il vero credente è colui che crede nella parola di Gesù senza aver veduto dei segni.
 Per l’evangelista Giovanni ogni segno ha il suo significato, ha valore di profezia, insegna quello che prova, ed egli non dà importanza al meraviglioso, ma pone la sua attenzione su quanto quel segno vuole rivelare, cioè che Gesù è il Messia. Perciò tutti i segni rivelano la gloria di Dio. Dopo il capitolo quinto, i "segni" nel vangelo di Giovanni cedono il posto alle "opere" del Padre compiute da Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. Il segno in se stesso diventa messianico.
 Nel miracolo del cieco nato Gesù dice "Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato"
VANGELO  9,1-41
Dobbiamo mettere in risalto nel racconto del cieco nato due cose fondamentali:
Il contrasto tra l’evidenza del miracolo e la malafede dei farisei. Il miracolo  viene compiuto in giorno di sabato;
Il cieco nato è un simbolo per tutti quelli che vogliono incontrare Gesù.
L’iniziativa è lasciata a Gesù perché l’uomo cieco non sa chi è Gesù.
Gesù si trova in Gerusalemme e cammina per le sue strade accompagnato dai suoi discepoli e s’imbatte in un cieco che certamente era in qualche angolo a chiedere l’elemosina come era consuetudine di coloro che non potevano fare altro a causa dell’infermità e come è affermato anche  da altri nel brano. La sua persona diventa causa e oggetto di una disputa dei discepoli tanto da chiedere al maestro chi fosse stato origine del suo male fisico. Era opinione  comune che chi portava un’infermità, era conseguenza di peccati commessi dai suoi antenati o dai genitori, o dal diretto interessato.
 Gesù risponde che non v’è nessun nesso di causa ed effetto in chi porta un male fisico, ma è così  perché si manifestassero le opere di Dio. Gesù afferma che deve compiere le opere del Padre finché è giorno poi viene la notte, simbolo della morte, dove nessuno può operare, Qui Gesù pone se stesso come termine di un continuo riferimento "Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo"
 Nel racconto Gesù agisce come il creatore biblico (Gen. 2,7) compiendo un gesto, igienicamente sprezzante. Fa del fango impastando la polvere con la sua saliva e lo cosparge  sugli occhi del cieco e gli impone di andare a lavarsi nella piscina di Siloe che significa Inviato. "Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva"
 Di qui inizia il faticoso cammino che conduce l’uomo, attraverso varie esperienze, ad incontrare di nuovo Gesù per vederlo e riconoscerlo come Figlio dell’uomo.
 Il racconto non è una novella con il finale "vissero tutti felici e contenti", ma vuole insegnarci alcuni aspetti di vita di fede validi per tutti i tempi e soprattutto per quelli che vogliono realmente credere. Ecco alcuni atteggiamenti.
ASCOLTO: L’uomo era cieco ma non sordo. Sente sulla sua pelle quando Gesù ha fatto e ha detto "Va’ a lavarti nella piscina di Siloe".
L’ascolto vero richiede apertura delle proprie orecchie, ma soprattutto del cuore dove vi sono tante voci che possono sopraffare e cancellare quello che ci indica di fare. Questo è aprire all’Altro la nostra vita. L’Altro, con la "A" maiuscola, è Dio che ci chiede obbedienza e fiducia. Gesù può operare solo quando l’uomo, scoprendo la sua fragilità, trova l’umiltà e il coraggio di obbedire alla sua Parola. "Andò, si lavò e tornò che ci vedeva". Qui si gioca la nostra salvezza o la nostra condanna. Difatti Gesù, poco prima, parlando ai Giudei nel Tempio, durante la festa delle Capanne aveva chiesto "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (8,31-32). Il cieco si affida incondizionatamente a Gesù.
DISCEPOLATO:Appena guarito l’uomo trova il coraggio di affrontare un processo su diversi piani e difendere Gesù. Il guarito diventa discepolo prendendo le parti del Maestro e inizia un cammino di fede.
I vicini  sono indecisi nel riconoscere l’uomo di prima nonostante la sua consapevolezza. Chiedono come ora ci veda e che cosa gli è stato fatto. L’uomo guarito riferisce che l’uomo chiamato Gesù è l’artefice della sua guarigione. Ora non sa dove sia.
I Farisei: viene portato dai farisei poiché quel giorno era un sabato ed essi gli chiedono come ha avuto la vista. L’uomo racconta ancora la sua guarigione. Nei farisei vi era dissenso nell’accusare Gesù di essere un peccatore o meno e chiedono al guarito il suo giudizio. Con coraggio afferma "è un profeta". Questo determina nei farisei di non riconoscere che l’uomo fosse stato cieco.
I genitori sono chiamati a testimoniare sull’autenticità del loro e sul come sia stato guarito. I genitori affermano l’identità del loro figlio ma si rifiutano di parlare sul modo della sua guarigione. Rispondono "Ha la sua età, chiedetelo a lui".
L’uomo, interpellato per la terza volta a raccontare come avesse avuto la guarigione, in modo sprezzante, nei confronti dei farisei, chiede se volessero anche loro diventare discepoli di Gesù.
Dà loro una grande lezione dicendo che Dio non ascolta i peccatori ma chi lo onora e fa la sua volontà. Così l’uomo guarito viene cacciato fuori dalla sinagoga.
LA FEDE E L’INCONTRO:
Nell’uscire fuori incontro colui che gli ha dato la vista. Gesù gli chiede "Credi tu nel Figlio dell’uomo?" L’uomo risponde "Chi è, Signore, perché io possa crede in lui?" e Gesù gli dice "Lo hai visto: è colui che parla conte" e l’uomo risponde "Credo, Signore" e si prostrò davanti a lui.
 La fede è un grande passaggio e nello stesso tempo è dono: dalle tenebra bisogna arrivare alla luce. Quella luce che Gesù ha affermato "Finché sono nel mondo sono la luce del mondo". La luce della fede permette di vedere, nell’uomo guarito da Gesù, un uomo nuovo. Occorre una sguardo rinnovato per riconoscere la sua identità. Difatti il guarito riconosce la sua ignoranza davanti a Gesù perché ancora non fa il suo cammino di fede, mentre gli altri presumono di conoscerlo.
Camminare nella fede è rinunciare ai propri schemi mentali in cui non c’è posto per Gesù. Per i vicini , i farisei e per i capi il miracolo e l’infrazione della Legge non possono coesistere. Tentano di negare l’evidenza con la pretesa di rendere gloria a Dio e disprezzano il suo Inviato. Per vedere bisogna riconoscere di essere ciechi e bisognosi della luce: c’è chi passa dalla cecità alla visione e chi da una presunta visione precipita nella cecità.
L’itinerario di fede che l’uomo guarito ha compiuto è stato un passaggio. Gesù inizialmente era soltanto un uomo, poi un profeta, uno che onora Dio e fa la sua volontà e in ultimo all’incontro con Gesù, Figlio dell’uomo. La sua adorazione toglie ogni dubbio.
L’itinerario intrapreso dall’uomo descritto dal Vangelo di Giovanni è il cammino a cui è chiamato ogni cristiano. La condizione è una sola: rimanere fedeli alla Parola di Gesù che ci fa realmente suoi discepoli e ci porta ad entrare nella verità che ci rende liberi.
Come è stato travagliato il percorso del cieco guarito così anche il nostro sarà travagliato se rimaniamo ancorati alla nostra mentalità. Bisogna riconoscere di essere ignoranti di Dio per aprire il nostro cuore alla sua Parola e obbedire, soprattutto quando ci costa, nella nostra esistenza di ogni giorno.


 
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