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CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE (CPP)
Il presente sussidio è stato predisposto per quanti intendono formarsi nell’attivare il Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP). In particolare, vuole accompagnare soprattutto i laici, membri del consiglio, in un cammino che sia fedele alle indicazioni del magistero ecclesiale e rispondente alle esigenze della propria comunità cristiana. Senza una preparazione adeguata, infatti, il CPP rischia di arenarsi in situazioni di stanchezza, di burocratizzazione, di equivoco.
1. fondazione ecclesiologica
L’istituzione del CPP, nata dal Vaticano II e salutata inizialmente con entusiasmo, è ancora avvolta da problemi, non tanto per la questione pratica della sua composizione o conduzione, bensì per una poco chiara visione di Chiesa che la sostiene e ne sta a fondamento. Il CPP, infatti, affonda le sue radici nella parrocchia e questa nella Chiesa particolare, che non è altro che la Chiesa di Cristo presente nelle varie comunità, dove, sotto la presidenza del Vescovo, si celebra legittimamente l'Eucarestia (cf LG 26).
Chi partecipa al CPP, quindi, deve preoccuparsi di avere una mentalità di fede e la piena conoscenza del mistero della Chiesa secondo la rivelazione, la tradizione e il magistero. Bisogna, infatti, essere consapevoli che il CPP esiste e deve esistere non tanto perché la conduzione partecipata di una parrocchia è più efficace e più confacente ai nostri tempi, bensì perché è la natura stessa della comunità ecclesiale ad esigere una conduzione comunitaria. A tal proposito, il Concilio Vaticano II, nella Lumen Gentium ha invitato tutti i credenti a concepire la Chiesa innanzitutto come «mistero», cioè come realtà da cogliere non già in rapporto a una qualche società umana, ma in relazione a Dio ed al suo piano di salvezza, che consiste nel riunire tutti gli uomini, fatti suoi figli per mezzo di Cristo e il dono dello Spirito Santo, nel suo Regno. Di questo progetto di comunione, la Chiesa è «in Cristo come un sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (LG 1). In questa duplice dimensione, di comunione verticale con Dio e di comunione orizzontale coi fratelli, vanno comprese le due immagini principali della Chiesa: la Chiesa in quanto "corpo di Cristo" (LG 7) e in quanto "popolo di Dio" (LG cap. II).
I credenti in Cristo sono costituiti da Dio come un unico corpo, che riceve, però, unità, energia e vita dal rapporto di comunione con Cristo, suo capo (cf Ef. 4,16). In questo “corpo” non esistono membra morte o passive, bensì tutte sono partecipi della vita e della attività del tutto. Tutte, quindi, sono anche responsabili della vitalità, della edificazione e della missione del corpo (cf AA 2). Dio, infatti, ha composto questo corpo, perché "le varie membra avessero cura le une delle altre" (1 Cor 12,25; cf Rom 12,5). Così pure "a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per la utilità comune" (1Cor 12,7; cf 1 Pt. 4,10).
La stessa immagine della Chiesa come "popolo di Dio" rimanda ad un raduno di persone costituite in unità. Anche in questo caso, si tratta di quella unità che deriva non da volontà o interessi umani, bensì dal fatto di essere il popolo di Dio, cioè costituito e acquistato da Dio, convocato dalla sua Parola (cf 1 Pt 2, 9-
Convocata dalla Parola di Dio, alimentata dall'Eucarestia e unita nella continuità apostolica, la Chiesa, corpo di Cristo e popolo di Dio, va vista come una comunità di credenti, dove tutti, in virtù del battesimo e della confermazione, sono costituiti, direttamente da Cristo, corresponsabili nei confronti della vita e della missione ecclesiale (cf LG 30; 32; 33; 37; AA 2-
Ferma restando la distinzione delle vocazioni, la corresponsabilità di tutti i fedeli nei confronti della edificazione della Chiesa e della sua missione non può restringersi alla professione personale della fede, speranza e carità, ma deve estendersi a tutta l'azione pastorale, con la quale la Chiesa edifica se stessa, sia che questa azione pastorale sia intesa come evangelizzazione, come culto, come attuazione della carità, sia che essa, più propriamente, venga intesa come programmazione, decisione e azione per la conduzione del popolo di Dio. È quanto sembra emergere dal Nuovo Testamento, dove gli Apostoli appaiono sì pastori e guide indiscusse delle prime comunità, ma non sono gli unici a diffondere la Parola di Dio (cf At 8,4), non sono gli unici attivi nel culto (cf 1Cor 14,26), non sono i soli responsabili dell'attuazione della carità e della giustizia (cf At 4,32-
Il CPP va compreso, dunque, come logica conseguenza della dottrina conciliare, che presenta la Chiesa come popolo di Dio e corpo di Cristo, in cui tutti sono corresponsabili della sua edificazione e missione. Il CPP, infatti, è «organo di comunione» che esprime e realizza in concreto la corresponsabilità dei fedeli (presbiteri, diaconi, consacrati e laici) alla missione della Chiesa, a livello di comunità parrocchiale. Esso esprime e rappresenta l'intera comunità parrocchiale unita nella varietà dei suoi carismi e ministeri e manifesta la corresponsabilità di tutti i fedeli, sia nella ricerca di ciò che la Parola e lo Spirito suggeriscono alla Chiesa, sia nella edificazione e conduzione della comunità cristiana. Suo compito, infatti, non è solo quello di ricercare, proporre e verificare dei programmi pastorali, ma anche quello di giungere, alla luce della Parola di Dio e dei segni dei tempi, a delle decisioni comuni per il bene pastorale di tutta la comunità parrocchiale.
Per realizzare un autentico servizio alla comunione e alla missione di tutti, i componenti del CPP devono, in molti casi, superare alcuni ostacoli: ad esempio, l’eccessivo peso dato agli aspetti organizzativi e burocratici a scapito della prospettiva missionaria; le forti tensioni per le questioni di «rappresentanza» in seno alla Chiesa particolare; la continua oscillazione tra «clericalismo» e «democraticismo». Nel clero come nei laici, infatti, permangono resistenze ereditarie rispetto ad un passato del tutto diverso. Perciò il CPP rappresenta un momento e un luogo significativo per tutta la comunità, una prima tappa di un percorso destinato a far crescere il numero delle persone coinvolte, ma non certo a modificare il traguardo finale della unione in Cristo.
3. Atteggiamenti
Non è del tutto inutile, individuare quegli ostacoli che creano qualche intoppo e interrogarsi sui nodi da sciogliere per poter procedere più speditamente.
Anzitutto, un grande bisogno di pazienza: ascoltare, dialogare, aspettare sono vocaboli che esprimono parzialmente lo spirito con cui è necessario accostarsi ad una vera esperienza di Chiesa.
In secondo luogo, l’impegno ad evitare che gli ordini del giorno delle riunioni del CPP sovrabbondino di argomenti di politica interna: uno dei punti chiave del rinnovamento conciliare è certamente legato alla volontà di ridare alla Chiesa uno slancio missionario per vincere la tentazione di una chiusura troppo difensiva. Ciò presuppone una grande attenzione ai problemi dell'uomo e del mondo. Non si dimentichi che il compito proprio del CPP è ricercare, studiare e proporre conclusioni pratiche in ordine alle iniziative pastorali che riguardano la parrocchia.
In terzo luogo, dovrà essere chiaro il problema della comunicazione: non si può dimenticare che nel CPP siedono delle persone che sono dotate di intelligenza e sensibilità diverse, abituate a dibattere dialetticamente i problemi, connotate da stili diversi di interpretazione della realtà. Non è quindi sufficiente -
Inoltre, sarà importante chiedere a tutti preparazione, capacità di analisi, senso critico, disponibilità all'aggiornamento. Nelle riunioni non si deve temere il confronto delle idee, delle posizioni, delle esperienze, ma piuttosto, un’unanimità «disinteressata» e anonima, che rende il CPP un "ente inutile" e non certo quel luogo dove i fedeli esprimono il proprio pensiero ai pastori e agli altri fedeli circa il bene della comunità parrocchiale.
1. PREGHIERA
2. VERIFICA DEL NUMERO LEGALE
3. LETTURA E APPROVAZIONE DEL VERBALE DELLA SEDUTA PRECEDENTE
4. ANALISI DEI PUNTI ALL'O.D.G.
a) Presentazione del problema da parte:
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b) Discussione guidata dal moderatore.
5. VARIE ED EVENTUALI
Ogni consigliere può proporre questioni. Si dibatte:
a) se discuterle subito
b) se rimandare la discussione.
6. CHIUSURA NEL TEMPO PREFISSATO con una preghiera (non superare le 3 ore).
STATUTO
Nozione e finalità
Art. 1 -
Art. 2 -
Art. 3 -
Art. 4 -
Art. 5 -
Art. 6 -
Art. 7 -
Art. 8 -
Art. 9 -
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Art. 10 -
Art. 11 -
Compiti
Art. 12 -
Art. 13 -
Art. 14 -
Art. 15 -
Art. 16 -
Art. 17 -
Art. 18 -
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Art. 20 -
Art. 21 -
Art. 22 -