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LECTIO DIVINA IV DOMENICA DI PASQUA Gv. 10,1-
Per comprendere questa pagina del Vangelo di Giovanni che ci parla di Gesù come pastore che ama le sue pecore, le custodisce e dona loro la vita, bisogna fare riferimento al brano del cap. IX di Gv. dove ci viene narrato il miracolo del cieco nato.
I capi dei Giudei avevano chiamato i genitori dell’uomo nato cieco per farsi spiegare come il loro figlio avesse riacquistto la vista. Per paura, di riconoscere Gesù come Messia, i genitori risposero che non lo sapevano. Dicono di interrogare direttamente il loro figlio poiché era nell’età della responsabilità.
Nell’interrogatorio il cieco nato afferma che, l’uomo che gli aveva fatto il dono della vista, è certamente uno che ha timore di Dio, ascolta la sua voce, compie la sua volontà e Dio lo esaudisce. In questo scontro tra il cieco nato che afferma "se egli non fosse da Dio non avrebbe potuto fare nulla" e i Giudei, chiusi nella loro ostilità a Gesù, accusano il cieco guarito di essere tutto nei peccati. Lo cacciano fuori dalla sinagoga.
Fuori avviene l’incontro con Gesù che gli chiede se lui crede nel Figlio dell’Uomo. Il cieco rispose "Chi è, Signore, perché io possa credere in lui?". Gesù gli dice "Sono io che ti parlo". Il cieco, si prostra in ginocchio davanti a Gesù e dice "Io credo, Signore". Dopo Gesù afferma "Io sono venuto in questo mondo per un giudizio affinché quelli che non vedono vedano e quelli vedono diventino ciechi"
Alcuni Farisei che erano con lui dissero "Siamo ciechi anche noi?". Gesù rispose loro "Se foste ciechi, sareste senza colpa; ma siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane".
L’evangelista Giovanni fa seguire al miracole del cieco nato l’inizio del brano che la liturgia ci propone: "In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte è un ladro e un brigante." Chi vi entra dalla porta è il pastore delle pecore.
Tutto il brano, che prendiamo in esame, è una grande allegoria che possiamo chiamare similitudine o parabola. Difatti tutto parte dall’affermazione di Gesù "Io sono venuto in questo mondo per un giudizio...". Il giudizio viene fatto proprio attraverso immagini che non troviamo solo nei vangeli, ma sono immagini che appartegono all’Antico Testamento in Ez. 34, Ger. 23,1-
Il recinto delle pecore allude al gregge di Jahvè, al popolo di Dio; vi sono veri e falsi pastori, come Gesù e i capi del popolo, vi sono le pecore, i credenti che ascoltano la voce del pastore. L’allegoria ha una finalità: disegnare la separazione tra il vero e il falso gregge.
Tutta la vita pubblica di Gesù è una similitudine in cui avviene il continuo identificarsi nelle diverse parabole. Gesù, nella sua vita terrena, ha spesso parlato per immagini. Tutto il passaggio sulla terra è rimasto, per i suoi ascoltatori, un’immagine compresa a metà o anche totalmente incompresa. La funzionalità dell’immagine è di voler farci capire il valore redentivo della vita di Gesù e di tutta la sua opera.
Gesù, in questa similitudine, ci parla della vita quotidiana della Palestina del suo tempo. La pastorizia era una delle fonti economiche di vita della gente. Difatti aggregava diverse persone: coloro che costruivano i recinti dove venivano messe le pecore di diversi pastori; il guardiano aveva il compito di vegliare e vigilare di notte il gregge dai ladri e briganti che approfittavano del buio per rubare, uccidere e distruggere. Gesù si identifica con il pastore che, al mattino presto, è pronto per portare le pecore al pascolo e vi entra dalla porta del recinto. Il guardiano non è il solo a distinguere il pastore, anche le pecore distinguono il pastore dai ladri perché lo conoscono dalla sua voce.
La reazione delle pecore è simile a quella del cieco nato, che ascoltando Gesù, è uscito dal popolo dei farisei ed ha distinto il pastore dai ladri. Le vere pecore conoscono la voce del vero pastore che nel condurle pascolo le precede. Esse sono pecore del gregge di Dio, del popolo che il Signore ha salvato. Il vero pastore le conosce una ad una. Il rapporto che viene a realizzarsi tra il pastore e le pecore è una relazione intima, profonda e filiale. Si tratta di un gregge che vuole sentirisi amato, protetto e come dice il salmo 23 "Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché il tuo bastone e il vincastro mi danno sicurezza."
Il pastore fa vita insieme con le pecore e Papa Francesco ci dice che il pastore deve avere l’odore delle pecore. Perché esse diventano la famiglia del pastore. Il pastore conosce tutte le sue pecore.
Gesù continua l’allegoria esponendo ciò che accade quando, chi si relaziona con il gregge è uno sconosciuito, cioè colui che non entra nel recinto dalla porta: non lo seguono, non lo ascoltano e fuggono via dal lui. Ancora una volta viene offerto un monito a noi, che ascoltiamo o leggiamo la parabola. Come le pecore, anche noi e tutti coloro che conoscono il pastore, non dobbiamo seguire chi non si conosce, che può essere lo straniero o il ladro.
L’evangelista qui pone una riflessione che ci riporta alla fine del miracolo del cieco nato, al comportamento dei farisei che sono rimasti ciechi "Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro". Noi diremmo "Non c’è peggior sordo chi non sentire!"
Davanti alla difficoltà della comprensione Gesù chiarisce la parabola con una dichiarazione inequivocabile della sua funzione "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore." Nessuno può avere accesso al vero popolo di Dio se non attraverso di lui. Il Maestro dice che le pecore non hanno ascoltato i ladri e i briganti. Soltanto attraverso di lui è possibile essere salvati e attraverso di lui potranno entrare e uscire per trovare sempre il pascolo.
V’è una grande differenza tra i ladri e briganti e Gesù. I primi hanno come intenzione il rubare, l’uccidere e il distruggere, cioè l’annientamento dell’uomo che si lascia adescare dalle loro promesse. Gesù, invece afferma che le pecore hanno un grande dovere, quello di vivere nella loro libertà. La loro esistenza non ha come obiettivo la realtà terrena, ma attraverso la vita in questo mondo arrivare alla vita eterna. Per raggiugere tale scopo è necessario passare attraverso Gesù che dona una grazia sovrabbondante per il raggiungimento della meta. La sua venuta nel mondo ha avuto come motivazione fondamentale l’essere "porta" da attraversare e di essere "pastore" che conduce le pecore al pascolo della vita.
Vorrei, in fine, soffermarmi su alcuni verbi che l’evangelista usa per descrivere lo stile di Gesù del quale evidenzia un profondo amore verso tutti gli uomini.
ENTRARE: è un verbo di movimento che indica il mettersi in cammino per incontrare non una realtà statica, ma l’uomo in costante divenire. Entrare nell’interiorità di ogni persona fatta di solitudine, di paura e di angoscia. Entrare nelle ferite dell’uomo per guarirle e nel buio per portare la luce e la gioia della sua risurrezione. Ci lasciamo incontrare nelle nostre ferite e debolezze umane? Lo lasciamo entrare nel nostro profondo?
PORTARE: il recinto è un luogo chiuso e sicuro, ma anche privo di libertà. Il pastore entra nel recinto per condurre le pecore al pascolo libero della vita. Bisogna avere il coraggio di lasciarsi condurre con il rischio di perdersi negli innumerevoli vicoli e vie del mondo, dove la fragilità deve diventare esperienza della misericordia di Dio. Gesù dice a Santa Faustina Kowalska "Gli uomini non credono nella misericordia del suo Cuore". Sappiamo riconoscere l’amore di Gesù quando ci cerca dopo il nostro smarrimento? Ci lasciamo abbracciare dalla sua misericordia evitando di finire nel potere di ladri e briganti?
GUIDARE: Gesù dice che nel portare fuori le pecore una ad una, si mette innanzi a loro e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Gesù è l’apripista nella vita non solo delle pecore ma soprattutto della Chiesa. Ai suoi discepoli aveva dato un imperativo "chi vuol venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua". Vivere da cristiani oggi è crescere nella fede attraverso l’ascolto della Parola ponendo il Signore come modello del nostro cammino personale, comunitario ed ecclesiale. La Chiesa è sempre in cammino nel mondo sulle strade dell’uomo, soprattutto nel nostro tempo di pandemia, trova forza e coraggio sotto l’azione dello Spirito Santo di annunciare il Signore Gesù Risorto. Come e quando ci lasciamo guidare dal Signore Gesù, Pastore delle anime?